In guerra con le mostrine USA

La guerra che non è nostra

Siamo una colonia (parola di Winston Churchill) e andremo in guerra come colonia: sostenendo interessi non nostri. Siamo una colonia e dobbiamo prendere atto di questo, abbassare la testa ed eseguire quanto ordinato. Lo ha ben capito Renzi e la Mogherini prima di tutti gli altri. Napolitano è il garante. Che nessuno rivendichi la sovranità nazionale o si lasci affascinare da sentimenti di orgoglio nazionale che non ci appartengono. È stato stabilito che sia guerra. A noi spetta partecipare

Ci si rassegni al destino scritto altrove. Questa pagina è scritta a puro titolo informativo. Le parole di Churchill in un incontro segreto con Mons. Godfrey, il delegato Apostolico a Londra, avvenuto il 6 novembre 1945. I documenti di Churchill sono stati ormai desecretati e quindi non è difficile reperirli in rete.

In quell’incontro, Churchill spiega con pazienza all’incredulo prelato che è dubbioso rispetto ad alcune tendenze verso sinistra del partito democristiano ed è contento che Don Sturzo non ancora tornato in Italia.

Il Delegato:

I reassured him explaining that it (il partito democristiano, n.d.r.) would definitely follow the direction of the Holy See and also set his mind at easy concerning Sturzo, who will, of course, not return to Italy, since the Holy See has instructed him to remain in America

Io l’ho rassicurato spiegando che il partito democristiano seguirà, senza dubbio, le indicazioni della Santa Sede e che, ovviamente, Sturzo non tornerà in Italia in quanto la Santa Sede ha disposto che rimanga in America

Il resoconto del Delegato continua ripostando la conversazione. Nella prima riga le parole di Churchill

The only thing that Italy will not have is absolute political liberty.
The Holy See cannot be in complete accord with this psychological diminution deeming that it will bring about a state of perennial discord and result in the weakness of the future Italian governments.
Churchill, however, stated that such a move is necessary because Fascism and the defeat have caused such ruin that is impossible that the Italian people will be possessed of the calm state of mind indispensable if they are to be expected to put themselves on the road to moral and material reconstruction , using sound democratic methods.
Seeing that I was perplexed and troubled by his words, he added that the political control will, however, be wielded with the greatest possible discretion

L’unica cosa che l’Italia non avrà sarà l’assoluta libertà politica.
La Santa Sede non può essere d’accordo con questa “diminutio”, ritenendo che questo porterà ad uno stato di perenne discordia e avrà, come risultato, la debolezza dei futuri governi italiani-
Chuchill, purtuttavia, ha detto che tale mossa è necessaria perché il fascismo e gli sconfitti hanno causato una tale rovina che è impossibile che gli italiani siano nella calma mentale necessaria se ci si aspetta di metterli sulla strada della ricostruzione morale e materiale usando metodi davvero democratici. 
Notando che ero perplesso e turbato dalle sue parole, ha aggiunto che il controllo politico sarà esercitato, comunque, con la più grande discrezione possibile.

Questo è ciò che esce da Yalta. L’Italia è una colonia che solo apparentemente ha una sua autonoma struttura democratica. Attualmente, Napolitano è il garante dell’accordo di sottomissione. Renzi, Mogherini & co. gli strumenti.

Non chiedetevi più perché se ne freghano se l’Italia affonda, mentre puntano la loro attenzione sullo svilimento della Costituzione e sulla soddisfazione degli alleati NATO nell’azione internazionale. La risposta sta tutta in Yalta.

Con questo animo, quindi, scrivo questo post. Nella piena consapevolezza che è solo un post informativo sul perché andremo in guerra. Come quando si diceva agli schiavi che sarebbero stati venduti per essere sfruttati fino all’ultima goccia del loro sangue. Non mi aspetto una reazione che non può esserci.

Da dove nasce lo scacchiere di guerra?

La crisi economica del 2007 ha mostrato in tutta la sua grandiosa maestà quanto fragile sia il sistema capitalistico basato sulla “finanza creativa”.

Per riparare il danno gli Stati hanno iniettato nel circuito dei grandi istituti bancari fiumi di denaro a fondo perduto.

Italia inclusa, ovviamente, con due punte di iceberg:

  • l’IMU reintrodotta da Monti ha raggranellato esattamente la somma ceduta a Monte dei Paschi di Siena sotto forma di Montibond. Somma mai restituita
  • il “dono” di Bankitalia che ha consentito agli istituti bancari soci di incrementare il proprio capitale senza investire un solo centesimo

Queste “flebo” di denaro hanno prodotto un vertiginoso incremento del debito degli Stati che devono adesso fronteggiarne le scadenze.

Come conseguenza logica, è necessario il rastrellamento di capitali e beni reali per mantenere un sistema bancario basato su questa finanza “creativamente virtuale”.

Come rastrellare?

I metodi fin qui seguiti sono stati creativi come la finanza cui servono

Un metodo è destabilizzare i Paesi (per mezzo delle “autonome” sollevazioni di piazza pronte a ribaltare i Governi “repressivi”) e istituire Governi disposti a mettere a disposizione di questo sistema il proprio Paese.

È la ricetta somministrata – fra tanti altri – alla Libia e all’Iraq (poi lasciati nel caos supremo, ma funzionale in quanto lascia campo libero allo sfruttamento di tutte le parti in gioco).

È la ricetta che si è tentato di somministrare alla Siria e al Venezuela e all’Egitto, mentre per l’Argentina si è tentata la via del default (inesistente. Mai si è visto dichiarare fallito un debitore disposto a pagare i suoi creditori.)

Un altro metodo si attua impoverendo gli Stati periferici, creando in essi nuove enormi masse di sottoproletariato e proletariato e acquisendone gli asset (unici beni reali, considerato che il capitale monetario in senso stretto può diventare carta straccia da un istante all’altro).

Ovviamente, per semplici leggi finanziarie, questi Stati non riusciranno mai a sanare la propria condizione di debito verso il sistema finanziario e quindi, progressivamente, continuano il rastrellamento fino all’ultimo centesimo circolante, e dall’altro lato la svendita a prezzi sempre più convenienti di asset e servizi.

Se il Paese è disposto ad andare volontariamente al macello (come l’Italia o la Grecia) tutto avviene “pacificamente”. Un governo (o una serie, nel caso dell’Italia) più o meno legittimamente votato da un Paese masochista è il modo incruento per giungere all’obiettivo, altrimenti entra in funzione il primo metodo.

Ovviamente è anche necessario acquisire nel vortice sempre nuovi Stati periferici in cui poter agire secondo lo schema.

E qui abbiamo il caso emblematico dell’Ucraina:

Breve sintesi:

Premessa doverosa: l’Ucraina è un punto di snodo fondamentale per gli strategico-militari ed economici.

In Crimea (a Sebastopoli) è situata, in accordo con i trattati bilaterali, una delle maggiori basi navali Russe e il trattato scade nel 2017 (Putin, quindi, non ha invaso la Crimea. Ha incrementato le forze nella base navale, questo si).

L’Ucraina è posta lungo il gasdotto russo Gazprom e costituisce porta doganale fra l’Unione Europea e l’unione doganale euroasiatica.

Il tutto mentre Putin abbandona le politiche economiche neoliberiste (delle quali in Italia ne vediamo gli effetti) e procede alla nazionalizzazione delle grandi aziende di servizi come la Gazprom.

Nal frattempo, l’Ucraina, sotto la Presidenza Leonid Kučma (1994-2005) aveva avviato rapporti, via via più intensi, con l’occidente e con la NATO.

Al voto del 2004 sale al potere presidenziale Viktor Janukovyč, scatenando violente proteste di piazza che ne causarono l’estromissione, dando origine a quella che sarebbe stata conosciuta come la rivoluzione arancione. Quest’ultima portò al governo esponenti politici marcatamente filo-occidentali e antirussi, guidati da Viktor Juščenko (presidente tra il 2005 e il 2010) e da Julija Tymošenko (primo ministro dal gennaio al settembre 2005 e poi dal dicembre 2007 al marzo 2010.

Nel 2009 il Presidente uscente Viktor Janukovyč annuncia la sua ricandidatura alle elezioni del 2010. Elezioni in cui viene eletto con votazioni che l’Osservatorio Europeo sulle elezioni ha definito perfettamente regolari

L’elezione di Janukovyč stupì non poco, visto che a sostegno della Tymošenko vennero schierate schiere di “spin-doctors” americani (AKPD Media – fondata dal consigliere di Obama, David Axelrod – e John Anzalone – altra mente della campagna elettorale dell’attuale presidente Usa – costruiscono la campagna elettorale della Tymošenko)

Julija Tymošenko verrà incarcerata da Janukovyč nel 2011 per corruzione e malversazione.

Ecco la testimonianza di un uomo di affari europeo

Nel 2007, quando Julija Tymošenko era premier dell’Ucraina, un uomo d’affari europeo aveva cercato di ottenere un contratto. Presente nella regione da tempo, sapeva che sul posto non si arriva a nulla senza pagare una tangente. Tuttavia il contratto non era stato concluso perché Tymošenko voleva una somma enorme. “Non ho mai pagato una cifra del genere, neanche in Russia”.

Scarcerata il 29 aprile 2013, diventa in virtù della sua storia filo USA una delle punte di diamante della nuova rivoluzione di febbraio contro Janukovyč (insieme a Svoboda “Partito Nazionale e Sociale dell’Ucraina” e Una-Unso “Assemblea nazionale ucraina-Auto difesa del popolo ucraino”, questi ultimi entrambi partiti dell’estrema destra nazista ucraina).

Le sirene NATO, comunque, su Janukovyč non hanno l’effetto che avevano su Kučma e che avrebbero avuto sulla Tymošenko, ma quelle dell’Unione Europea paiono funzionare, tanto che nel novembre del 2013 Janukovyč sembra disposto a firmare un accordo di associazione con l’Unione Europea (primo passo).

La Russia (ovviamente) non è proprio daccordo e ricorda a Janukovyč che, ad esempio, avrebbe potuto scordarsi le tariffe agevolate del gas.

Anche perché, come al gioco del Risiko, in ogni nuovo Stato (specie se confinante con la Russia) che aderisce alla NATO, questa installa almeno una base militare.

In rete circolano mappe delle basi NATO attorno alla Russia che, come questa, “scherzano” sulla disinformazione

le basi NATO sui confini russi

Dislocazione basi NATO sui confini russi

Non so voi, ma se io fossi in Putin mi darebbe fastidio avere basi NATO praticamente fin sotto la Piazza Rossa

Janukovyč ci ripensa e stringe un nuovo accordo con la Russia. Da li scoppia la nuova rivolta dei nostri giorni, con investimenti miliardari degli USA, con “visite” fomentatrici della Nuland e di McCain, e, mentre a febbraio imperversa la “rivolta”, la Nuland stabilisce con l’Ambasciatore USA in Ucraina la formazione del nuovo governo ucraino (ne già parlato qui e qui)

Il resto, l’Ucraina è storia dei giorni nostri. Eccellente l’opinione di Gianandrea Gaiani

A patto di informarsi dalle fonti corrette. Da Giornali e telegiornali abbiamo avuto e abbiamo solo informazioni fortissimamente parziali. Una delle cose che viene taciuta, ad esempio, è che centinaia di soldati ucraini vengono fucilati perché non vogliono combarrere o vogliono disertare per congiungersi ai “ribelli”.

In buona sostanza: c’era un Presidente eletto legittimamente anche secondo gli osservatori europei. C’è stata una rivolta di piazza che USA ed Europa hanno appogiato, finanziato e sostenuto perché “espressione della libertà di un popolo”. Si ottiene, quindi, un governo nato da un colpo di stato benedetto da USA e UE. Chi si reagisce a questa nuova forma di governo è filo-russo, ribelle ed eversivo. Chiaro, no?

Notizia delle ultime ore, quindi, è che la NATO predispone una “esercitazione” in Ucraina. Una sorta di “flessione dei muscoli” cui, manco a dirlo, l’Italia è in prima linea. Che l’Ucraina non sia un Paese NATO, che non sia sotto attacco e che il nostro art. 11 della costituzione lo vieti sono dettagli insignificanti.

Dall’altro capo del Mediterraneo la situazione è altrettanto grave.

Anche li, dopo aver armato ogni sorta di “rivolta del popolo che anela la libertà”, ci si ritrova con una variegata offerta di bande armate che adesso pensiamo di combattere fornendo armi ad altri.

Siccome Assad in Siria ha resistito, l’esito logico, quale altro può essere se non bombardare la Siria?

Anche li le forze in campo sono rilevanti. In questo articolo, la situazione in medio oriente nella sua cruda realtà

A questo si aggiunga che, sulla base di una bufala (l’abbattimento del’aereo della Malaysia Air Line attribuito ai “ribelli” che si è dimostrato essere stato abbattuto dall’esercito “regolare” di Kiev) sono state irrogate sanzioni economiche alla Russia (che già si sono rivoltate contro i Paesi Europei nei cui confronti la Russia ha chiuso le frontiere alle importazioni).

La Russia ha risposto fondamentalmente con una “guerra al Dollaro”. Insieme a Cina, India, Brasile e Sud Africa, con l’aggiunta di altri Paesi quali l’Argentina, ha costituito una Banca internazionale “etica” in contrapposizione al Fondo Monetario Internazionale.

Questi Paesi hanno stabilito che la moneta per gli scambi è il Rublo o lo Yuan, mollano il dollaro, vendono titoli americani (sono i maggiori detentori del debito USA) e acquistano oro

È evidente anche a chi come me non capisce una mazza di economia che questo provoca un problema non indifferente per gli USA che rischiano il default.

Il dollaro, infatti, mantiene una quotazione (e la FED continua a stamparne) non tanto per la situazione interna, ma in quanto moneta internazionalmente riconosciuta per gli scambi. Se i Paesi emergenti (e quindi esportatori) cominciano a rifiutare il pagamento in dollari (come sta già avvenendo) è ovvio che ci si ritrova con un surplus di moneta USA non più collocabile.

La terza guerra mondiale ha come causa la crisi del dollaro e il default degli USA e del sistema capitalistico creato dalle banche occidentali.

I Paesi come l’Italia, continuano ad essere, naturalmente, le colonie. Le pecore che seguono il pastore.

Che a nessuno venga in mente di agitare spettri di orgoglio nazionale (libera reinterpretazione da una citazione del Presidente Giorgio Napolitano)