Dati Imprese febbraio 2015: Waterloo dell’Italia che produce

dati imprese: è emergenza

Dalle banche dati del sistema delle Camere di Commercio, l’aggiornamento a Febbraio 2015 dei dati Imprese1. Il tessuto produttivo cola a picco a causa della scelleratezza delle scelte politiche.

Nota mensile” ISTAT

Nei primi mesi del 2015 si rafforzano i primi segnali positivi per l’economia italiana, all’interno di un quadro ancora eterogeneo. Il continuo miglioramento delle opinioni di consumatori e imprese non trova un pieno riscontro nelle informazioni sui volumi produttivi. Tuttavia, a gennaio, nel manifatturiero la quota di settori in espansione si conferma su valori prossimi al 60%. Il mercato del lavoro presenta ancora segnali contrastanti, pur in presenza di un aumento delle ore lavorate nel quarto trimestre 2014. Il processo di deflazione si è stabilizzato. Nel complesso, l’indicatore anticipatore dell’economia italiana permane su livelli positivi, supportando l’ipotesi di un miglioramento dell’attività economica nel primo trimestre.

Tutto bene, dunque? No. Certo che no e basta dare una occhiata al testo integrale della rilevazione. È assai meno incoraggiante del suo estratto.

Sono gli effetti della nomina del renziano Giorgio Alleva alla Presidenza dell’ISTAT. La stampa corale di regime, infatti, si basa sull’estratto della “nota mensile” e non si prende la briga di verificare neppure la sua rispondenza al testo integrale.

Polemica a parte, passiamo ai dati. Quelli veri forniti dal sistema delle Camere di Commercio1.

In coerenza con il post relativo ai dati al 30 settembre 2014, in calce a questo post troverete le tabelle che ho utilizzato (.xls)2.

Il numero lordo delle Imprese registrate vede un abbattimento allarmante del sistema produttivo (tutte le tabelle si ingrandiscono al click):

2013-2014

Dati Imprese registrate e attive – Raffronto 2013-2014 – Distribuzione settoriale

Dal 2013 al 2014 (dati annui) si perdono 20.773 imprese registrate, ma sopratutto 37.711 imprese attive!

Oltre alle cessazioni, quindi, circa 17.000 imprese passano allo stato di inattiva o in scioglimento o con procedure concorsuali in corso.

I raffronti mensili non sono più confortanti.

Gennaio 2013 – 2014 – 20151:

gennaio 2013-2014-2015

Dati Imprese registrate e attive – Raffronto Gennaio 2013-2014-2015 – Distribuzione settoriale

A fine gennaio 2013 risultavano registrate 6.052.572 imprese. A gennaio 2014 c’è già una perdita secca di 29.374 imprese registrate e di 48.623 imprese attive. A gennaio 2015 una ulteriore perdita di 14.966 imprese registrate e 34.072 imprese attive. Il che porta ad una perdita complessiva di 44.340 imprese registrate e 82.695 imprese attive.

E febbraio 2013 – 2014 – 20151

febbraio 2013-2014-2015

Dati Imprese registrate e attive – Raffronto Febbraio 2013-2014-2015 – Distribuzione settoriale

Nessun segno di ripresa con i dati imprese di febbraio 2015. Rispetto a febbraio 2014 cessano 13.417 imprese registrate. Le imprese attive perse sono 32.232.

Nel solo mese di febbraio 2015, quindi, cessano di esistere 5.055 imprese. La perdita di imprese attive è di 4.513 unità.

Il crollo è evidente, ma ancor di più se focalizziamo sui dati imprese attive. Sono le imprese “vere”, sono quelle che svolgono l’attività.

Immagino che non sia necessario alcun tipo di commento. Da notare che le attività di produzione e di trasformazione spariscono a velocità impressionante!

I dati imprese agricole sono la rappresentazione di un olocausto. E non sono ancora noti gli effetti dell’IMU agricola (a proposito, serve alle coperture per l’acquisto dei voti alle europee. L’agricoltura già in ginocchio paga la “munificenza” del nuovo duce. Esultate per la Sua gloria)

Anche l’artigianato è ormai in coma profondo. Dal 31 Dicembre 2013 al 31 Dicembre 2014 le imprese artigiane passano da 1.407.768 a 1.382.773.

Una perdita secca di 24.995 artigiani

Qualcuno potrà chiedere: “ma non esiste un dato in incremento?” Ma certo che si. Sono i dati imprese che confermano l’agonia dell’intero tessuto produttivo1:

status

Dati Imprese – Raffronto Gennaio e Febbraio 2013-2014-2015 – Status

Come ho già scritto nel post sui dati imprese di settembre (Imprese: dati al 30 settembre. Ma chi dovrebbe assumere?) distruggendo l’artigianato stiamo distruggendo la nostra essenza. Il “Made in Italy” NON è costituito dalle catene di montaggio, dalle grandi industrie. È costituito dalla cura del particolare che solo la mano dell’uomo può dare.

Chi individua il difetto dell’economia del sistema Italia nel “nanismo delle imprese italiane” (con evidente intento dileggiatorio e denigratorio) farebbe bene a rivedere i suoi convincimenti! È l’esatto contrario!

Identico ragionamento vale per chi sostiene che lo “sviluppo auspicabile” è l’evoluzione da “economia agricola-rurale” all’economia basata sui servizi, passando e superando anche l’economia manifatturiera.

L’economia italiana è una economia agricola e manifatturiera, basata su imprese individuali e piccole-medie società di persone e con particolare propensione ai prodotti di nicchia. Questo ci caratterizza nell’economia mondiale. Il “Made in Italy” è unico per questo. Trasformarlo in qualcosa di diverso significa distruggere il “Made in Italy” ed entrare in competizione con le multinazionali, contro le quali siamo destinati a schiantarci!

È un caso se il TTIP richiede che la gran parte delle nostre produzioni a denominazione protetta spariscano? O capiamo che possiamo competere con la Monsanto solo radicandoci a ciò che siamo, oppure siamo destinati a sparire. E se non lo capiamo, allora è giusto che noi si sparisca!

Riusciamo a capire che l’ingresso nell’Euro ci ha ingabbiamo in una economia che non è la nostra e ci ha intrappolato in un sistema nel quale non siamo attrezzati a competere?

Lo scorso gennaio ho tradotto un articolo di Zero HedgeI greci pigri hanno la colpa? Forse no. Rileggerlo farebbe bene.

Studiavo economia internazionale a Oxford nel 1999 e quindi stavo molto attento a osservare il dibattito creato dall’implementazione dell’Euro. Ricordo perfino che ci fu una tremenda controversia sul tipo di patto dovesse essere imposto alle nazioni per assicurarsi che tutti portassero il loro pezzo di fardello. La difficoltà con tale sistema è che ci sono forze industriali molto differenti fra gli Stati Nazione e quindi forzarli tutti entro lo stesso patto porta verso il disastro.

E questa politica scellerata ci sta portando proprio verso il disastro.

E insistere con questo “schema economico” che non ci appartiene, andrebbe considerato “alto tradimento”.


1 Dati imprese del sistema delle Camere di Commercio. Fonte Movimprese – Stockview 2 Le tabelle dei dati (.xls zippato)