Articolo 57 della riforma. Ma come diavolo si costituisce il Senato?
L’articolo 57 della proposta di riforma dovrebbe indicare come si costituisce il Senato. In realtà è un guazzabuglio inestricabile.
La proposta di riforma, all’articolo 57 dispone delle modalità di elezione del Senato. Commi in contrasto fra loro rendono il tutto un enigma.
Aggiornamento: La TRUFFA del Senato elettivo elettivo con legge elettorale
I problemi dell’articolo 57 partono già al primo comma:
Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica.
I Senatori, quindi, non rappresentano più la Nazione (intesa come Popolo: art. 67 della Cost. vigente).
95 rappresentano le istituzioni territoriali e i restanti 5 non si sa chi o cosa rappresentano.
Qui si pone già un enorme problema. La Sovranità appartiene al Popolo che la esercita col voto (sentenza n° 1/2014 Corte Costituzionale).
Se i Senatori non rappresentano più il Popolo, come possono costituire una Assemblea legislativa?
Di questo mi occuperò nel prossimo post (eccolo). Qui mi soffermo sulle modalità di nomina dei Senatori (elezione mi pare un termine assolutamente improprio).
A causa della approssimazione con cui la riforma è scritta, preferisco citare i commi e commentarli (aggiornamento: Senato elettivo tramite legge elettorale? Soluzione inverosimile)
Articolo 57, Regioni a Statuto Speciale e Provincie autonome
Inoltre occorre premettere che le cinque Regioni a Statuto Speciale e le due Provincie Autonome hanno Statuti che prevedono la incompatibilità fra le cariche di Consigliere Regionale con il mandato parlamentare.
Trattandosi di Statuti di rango costituzionale, per superare il problema occorreranno singole “intese” con le singole Regioni e singole Leggi Costituzionali.
Se è vero che per fare una riforma costituzionale occorrono trent’anni (cit. Boschi, Renzi e tutto il codazzo) Queste Regioni rimarranno non rappresentate in Senato.
Se non dovesse essere vero e le leggi costituzionali si fanno in breve tempo …
Beh, non si comprende perché dovremmo accontentarci di una “riforma imperfetta, ma meglio che niente, altrimenti dovremmo aspettare trent’anni”.
Articolo 57 comma 2:
I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.
Articolo 57 comma 3:
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due.
Due scuole di pensiero: ciascuna Regione e ciascuna delle due Province autonome nomina due consiglieri regionali e un sindaco o un consigliere e un sindaco? Pare prevalente la seconda, quindi andiamo avanti.
Articolo 57 comma 4:
La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
Qui cominciano davvero le dolenti note. Non è per niente chiaro se i due che spettano a tutti di base debbano essere o meno computati nella proporzionalità complessiva. Se per proporzione a una regione ne spettano due, avrà solo i due di «base» o ne otterrà quattro in tutto? Mistero. Le tabelle che circolano si basano su dichiarazioni stampa: “dieci Regioni avranno solo due Senatori“.
La prendiamo per buona, ma nella proposta di riforma non c’è scritto, anzi parrebbe che prima se ne debbano attribuire due ciascuno e poi procedere alla ripartizione proporzionale di ciò che resta in aggiunta.
L’enigma si complica:
In quelle dieci regioni con due soli Senatori, uno è un Sindaco scelto dal Consiglio regionale e uno è un Consigliere regionale eletto «con metodo proporzionale». Come si eleggerebbe UN rappresentante con metodo proporzionale?
Articolo 57 comma 5:
La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.
Davvero si accede a vette inesplorate del paradosso.
Ciascuna Regione ha la sua propria legge elettorale. Tutte diverse ma tutte (quale più, quale meno) con un maggioritario spinto.
Allora, come avverrebbe l’elezione «con metodo proporzionale» disposta al comma 4?
Non solo, ma si tratta di una elezione effettuata dal Consiglio regionale o di una designazione «in conformità alle scelte espresse dagli elettori»?
E come esprimerebbero la loro scelta gli elettori? I Consiglieri più votati? Ma sono stati votati per fare i Consiglieri regionali.
Una doppia preferenza? E allora se i nuovi Senatori sono scelti dall’elettorato perché il Consiglio regionale dovrebbe eleggerli «con metodo proporzionale»?
Dopo aver disposto una trappola per ciascun comma, i nuovi giureconsulti applicano la solita soluzione: “Ci penserò domani“. Si farà una apposita Legge:
Articolo 57 comma 6:
Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio».
Per portarsi avanti, la Conferenza dei presidenti dei consigli regionali ha incaricato il prof. Paolo Feltrin di studiare una possibile legge elettorale regionale.
Dopo tre mesi di studio e simulazioni la conclusione è stata: “È un gran pasticcio“.
La situazione si complica ancora di più nella fase transitoria.
Non fossero bastate le contorsioni già effettuate, infatti:
Articolo 39 della riforma:
1. In sede di prima applicazione e sino alla data di entrata in vigore della legge di cui all’articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dall’articolo 2 della presente legge costituzionale, per l’elezione del Senato della Repubblica, nei Consigli regionali e della Provincia autonoma di Trento, ogni consigliere può votare per una sola lista di candidati, formata da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori. Al fine dell’assegnazione dei seggi a ciascuna lista di candidati si divide il numero dei voti espressi per il numero dei seggi attribuiti e si ottiene il quoziente elettorale. Si divide poi per tale quoziente il numero dei voti espressi in favore di ciascuna lista di candidati. I seggi sono assegnati a ciascuna lista di candidati in numero pari ai quozienti interi ottenuti, secondo l’ordine di presentazione nella lista dei candidati medesimi, e i seggi residui sono assegnati alle liste che hanno conseguito i maggiori resti; a parità di resti, il seggio è assegnato alla lista che non ha ottenuto seggi o, in mancanza, a quella che ha ottenuto il numero minore di seggi. Per la lista che ha ottenuto il maggior numero di voti, può essere esercitata l’opzione per l’elezione del sindaco o, in alternativa, di un consigliere, nell’ambito dei seggi spettanti. In caso di cessazione di un senatore dalla carica di consigliere o di sindaco, è proclamato eletto rispettivamente il consigliere o sindaco primo tra i non eletti della stessa lista.
2. Quando, in base all’ultimo censimento generale della popolazione, il numero di senatori spettanti a una Regione, ai sensi dell’articolo 57 della Costituzione, come modificato dall’articolo 2 della presente legge costituzionale, è diverso da quello risultante in base al censimento precedente, il Consiglio regionale elegge i senatori nel numero corrispondente all’ultimo censimento, anche in deroga al primo comma del medesimo articolo 57 della Costituzione. Si applicano in ogni caso le disposizioni di cui al comma 1.
Solo il primo comma conta ben 238 parole! Il mal di testa già al pensiero di leggerlo.
E si incartano, si avvitano.
Fra i tanti rilievi del prof. Feltrin, un esempio:
La lista che ha ottenuto il maggior numero di voti può optare per l’elezione del sindaco o di un consigliere. Se la prima lista rifiuta si passa alla seconda e così via. Ma se ci sono più liste con un solo seggio a chi resta il sindaco?
Di queste bazzecole la norma transitoria è piena.
Se mai questo scoglio verrà superato ci sarà poi da scontrarsi con le contraddizioni dell’elezione a regime.
Ma se questa è semplificazione, avessero voluto complicare le cose cosa avrebbero architettato?