Flat tax: Con Berlusconi e Salvini il fisco che ti frega

Con la “Flat tax” cala la pressione fiscale o è una fregatura?

berlusconi e la flat taxBerlusconi racconta la storiella dell’abbattimento della pressione fiscale ad ogni campagna elettorale. Poi ritocca le aliquote IRPEF, ma la pressione fiscale aumenta. Adesso la fregatura solenne: “Flat tax”. 

Fiscalità: un paio di definizioni.

Prima di andare avanti è necessario che ci si capisca su alcune definizioni:

Imposte

Sono versamenti obbligatori che colpiscono il reddito, il patrimonio o i consumi. Le imposte, quindi, servono a finanziare le spese indivisibili, come istruzione, sanità, lavori pubblici, funzionamento dello Stato eccetera.

Possono essere dirette se vengono calcolate “direttamente” sul valore del reddito o del patrimonio (come IRPEF, IRAP, IMU).

Se colpiscono i consumi o il trasferimento di ricchezza (come l’IVA) sono “indirette”.

Contributi

Il contributo è un versamento obbligatorio a carico di determinati soggetti, per il fatto che costoro traggono un vantaggio, diretto o indiretto, da determinati servizi pubblici, anche senza che essi li abbiano richiesti.

Gli oneri di urbanizzazione sono contributi, ad esempio, perché accrescono il valore dei beni che vengono serviti, oppure i versamenti sociali per la costituzione della posizione pensionistica.

Tasse

La tassa viene pagata in cambio di un determinato servizio reso e solo quando il servizio erogato è espressamente richiesto dal cittadino. Ad esempio quando andiamo in ospedale per una visita paghiamo il ticket, in cambio infatti otteniamo una prestazione sanitaria.

Oppure le “tasse di concessione governativa” quando presentiamo una istanza a un Ente pubblico o i diritti di segreteria per ottenere un certificato anagrafico dal Comune o i francobolli e le altre spese postali.

Tributi

Il complesso della fiscalità prende il nome di “sistema tributario”. Quindi Imposte, contributi e tasse sono, nel loro complesso, “tributi”.

In effetti la selva di tributi e balzelli vari ha reso estremamente confuso lo schema “imposte-contributi-tasse”.

Pressione fiscale.

Sentiamo spesso che ISTAT diffonde periodicamente il dato sulla pressione fiscale e sui dati ISTAT scoppia ogni volta la polemica.

Come per i dati sulla disoccupazione, le rilevazioni ISTAT hanno un valore esclusivamente statistico e riferito al “reddito dello Stato”, il PIL.

Da un comunicato ISTAT del 2013, la pressione fiscale:

è calcolata come rapporto tra la somma di imposte dirette, imposte indirette, imposte in c/capitale, contributi sociali e il Prodotto interno lordo (Pil).

Quindi della categoria “contributi” vengono presi in considerazione solo i contributi sociali, mentre non sembra vengano prese in considerazione le tasse.

Il tutto in rapporto al PIL.

I dati ISTAT sono inutili e insignificanti

Come per l’occupazione/disoccupazione, le rilevazioni ISTAT sono assolutamente insignificanti per l’economia reale.

La pressione fiscale ISTAT risulterà più bassa se per una contingenza si alza il PIL.

Inoltre, di tutto il panorama dei “contributi” i soli ad essere presi in considerazione sono i contributi sociali. Questo significa che i pensionati, ad esempio, che non versano più contributi sociali abbassano la pressione fiscale rilevata.

Infine la selva dei balzelli non consente più un discrimine netto fra tasse e imposte e quindi non è comprensibile se quei tributi “di confine”, come TARI e TASI vengano presi in considerazione o meno.

Lo smantellamento dei servizi essenziali come i sistemi sanitario e scolastico ha aggravato la situazione. Servizi che dovrebbero essere integralmente a carico delle imposte, sono in effetti gravati da tasse (ticket, ad esempio) e pseudo contributi (portarsi a scuola la carta igienica, “contribuire” alle spese per le fotocopie o a “progetti extracurriculari” come l’inglese o l’informatica).

La guerra delle cifre

Tutto ciò significa che le organizzazioni che esaminano in modo attento la pressione fiscale reale sulle famiglie offrono cifre ben diverse rispetto all’ISTAT.

Se per i primi 9 mesi del 2012 l’ISTAT attestava la pressione fiscale al 41,3%, con un incremento di soli 1,5% rispetto allo stesso periodo del 2011, CGIA di Mestre era di tutt’altro avviso.

Un reddito di € 40.000 arrivava a pagare fino al 212% in più solo in termini di addizionali IRPEF.

Nell’agosto 2013, Scenarieconomonici.it valutava la pressione fiscale reale fra il 64% e l’80%.

I Governi hanno semplicemente spostato i tributi da una categoria all’altra. Incrementandoli, per giunta, ma facendo in modo che i balzelli non venissero considerati nel concetto di “pressione fiscale” dell’ISTAT.

In questo modo hanno potuto declamare un abbattimento “delle tasse” quando così non è. Anzi, incrementando, anno dopo anno la pressione fiscale reale.

Berlusconi ci ha già preso in giro così. Rimodulando al ribasso le aliquote IRPEF, ma abbattendo i trasferimenti agli Enti Locali che, di contro, hanno avuto mano libera nell’aumentare le addizionali. 

Pressione fiscale e aumenti

Secondo i rilevamenti ISTAT la pressione fiscale starebbe diminuendo.

La raffica di aumenti, riguardando in massima parte tasse e contributi non sociali non rientrerà nella rilevazione. Ma non c’è dubbio che sia “pressione fiscale”:

Adesso la “genialata” della flat tax.

La Flat tax

Il coniglio dal cappello del centro destra è costituito dalla introduzione della flat tax al 23%.

Ovviamente il riferimento non è alla pressione fiscale reale complessiva, ma semplicemente alle imposte dirette. Verificando come inciderebbe ci rendiamo conto della fregatura.

Prendiamo ad esempio l’IRPEF. Si calcola per scaglioni di reddito imponibile, cioè il reddito al netto delle “deduzioni” quali, ad esempio, i contributi sociali o le perdite degli anni precedenti.

Scaglioni Irpef 2018 aliquote % imposta dovuta
Redditi fino a 15.000 euro 23% 23% del reddito
Redditi da 15.001 fino a 28.000 euro 27% 23% sui primi 15.000 euro (€ 3.450) + 27% sulla parte che supera i 15.000,00 euro
Redditi da 28.001 fino a 55.000 euro  38%  23% sui primi 15.000 euro (€ 3.450) + 27% sulla parte compresa fra 15.000 e 28.000 euro (€ 3.510) + 38% sulla parte che supera i 28.000,00 euro
Redditi da 55.001 fino a 75.000 euro  41%  23% sui primi 15.000 euro (€ 3.450) + 27% sulla parte compresa fra 15.000 e 28.000 euro (€ 3.510) + 38% sulla parte compresa fra 25.000 e 55.000 euro (€ 10.860) + 41% sul reddito che supera i 55.000,00 euro 
Redditi oltre 75.000 euro  43%  23% sui primi 15.000 euro (€ 3.450) + 27% sulla parte compresa fra 15.000 e 28.000 euro (€ 3.510) + 38% sulla parte compresa fra 25.000 e 55.000 euro (€ 10.860) + 41% sulla parte compresa fra 55.000 e 75.000 euro (€ 8.200) + 43% per la parte che supera i 55.000,00 euro 
I redditi degli italiani

Ora vediamo in base agli articoli di stampa in quali fasce si collocano gli italiani.

L’articolo è del febbraio 2017 e si riferisce all’anno di imposta 2015, ma gli ultimi dati sulla povertà rendono, semmai, ancora più grave la situazione reale

Categoria di contribuente reddito imponibile medio imposta con attuali scaglioni imposta con flat tax al 23%
Pensionati € 16.870,00 23% sui primi 15.000 euro + 27% sulla parte che supera i 15.000,00 euro (1.870 euro) = € 3.450 + 504,90 = € 3.954,90 23% su tutto l’imponibile = € 3.880,10
dipendenti tempo determinato e precari € 9.633,00 23% su tutto l’imponibile = € 2.215,59 23% su tutto l’imponibile = € 2.215,59
dipendenti tempo indeterminato € 23.068,00 23% sui primi 15.000 euro + 27% sulla parte che supera i 15.000,00 euro (8.068 euro) = € 3.450 + 2.178,36 = € 5.628,36 23% su tutto l’imponibile = € 5.305,64

Il 46% degli italiani si colloca nella prima fascia di reddito (entro i 15.000 euro) e per tutti questi l’imposta è già “flat” al 23%. Per il 46% degli italiani non cambia il resto di nulla.

Il 64% è al di sotto dei 50.000 euro. Quindi la differenza (18%) è spalmato fra la seconda e la terza fascia. Come abbiamo visto, il loro risparmio è pressoché inesistente.

Per l’1% dichiara redditi oltre i 300.000 euro il discorso è differente.

Un reddito imponibile di € 300.000 oggi paga 122.170 euro di IRPEF. Con la flat tax al 23% pagherebbe 69.000 euro.

All’aumentare del reddito aumenta il risparmio.

Un esempio concreto di flat tax: Silvio Berlusconi

L’ultimo dato depositato in Parlamento si riferisce all’anno di imposta 2012, con un reddito dichiarato di 4,5 milioni di euro.

Con gli scaglioni attuali pagherebbe 1.928.170,00 euro. Pagherebbe, o meglio dovrebbe pagare. Ricordiamo che è stato condannato in via definitiva per frode fiscale!

Con la flat tax al 23% l’imposta diventerebbe 1.035.000 euro.

Anno di imposta 2011: reddito dichiarato 35.400.000 euro. Imposta IRPEF a scaglioni: € 15.215.170. Imposta “flat al 23%”: € 8.142.000.

Anno di imposta 2010: reddito dichiarato 48.180.792 euro. Imposta IRPEF a scaglioni: € 20.710.910,56. Imposta “flat al 23%”: € 11.081.582,16

La flat tax? È un’altra legge “ad personam” per Silvio Berlusconi!