Occupazione: I dati migliorano, ma per PD e sindacati era meglio prima

Ma che succede? Non arrivano le cavallette? Aumenta la produzione industriale, la borsa va a meraviglia e aumenta pure l’occupazione?

Occupazione i dati ISTAT di Marzo. facciamo le pulci

Occupazione e dati ISTAT. Sembrano funzionare “Quota 100”, ma anche “Decreto Dignità” e Reddito di Cittadinanza. Inqualificabili i sindacati: era meglio prima.

Ho sempre fatto le pulci ai dati ISTAT su occupazione e disoccupazione e le farò pure stavolta.

Ho cominciato con un “vademecum” per non farsi prendere in giro: Occupazione e disoccupazione: come leggere i dati ISTAT.

Pure perseverato con Occupazione e disoccupazione: ISTAT e “stampa libera”? Suvvia!

Ho sempre sostenuto che il dato importante non è il “tasso”, perché i denominatori dei tre indicatori (occupati, disoccupati e inattivi) sono diversi.

Essendo diversi i denominatori, i tassi non sono omogenei e non possono costituire riferimento.

Ho anche sostenuto che il dato importante è sempre il dato assoluto. ISTAT pubblica i dati assoluti, ma i “grandi giornali” hanno sempre utilizzato il “comunicato sintetico” che li accompagna.

E dai dati assoluti, abbiamo anche i primi risultati di “quota 100”.

Occupazione: I dati di marzo

Inattivi

Voglio partire proprio dal dato degli inattivi, che comprende pure i pensionati.

Inattivi e “quota 100”

Gli inattivi aumentano di 66.000 unità fra gli ultracinquantenni.

Questa costituisce inversione di tendenza rispetto alle rilevazioni precedenti.

Il blocco dei pensionamenti ha prodotto, nel tempo, un incremento del “peso” della fascia degli ultra cinquantenni fra gli occupati.

Nella rilevazione a marzo 2019, invece, per questa fascia di età si assiste a una diminuzione assoluta di occupati (- 14.000), e disoccupati (-26.000), a fronte di un incremento degli inattivi (pensionati) pari a +31.000 unità.

In questa fascia di età vediamo, quindi, i primi effetti delle profonde modifiche fatte sulla legge Fornero. Infatti è nella fascia limite che si verifica un sensibile incremento degli inattivi: + 31.000 nella fascia di età 50-64 anni.

E che sia anche avvenuto un “turn-over” è evidente dal corrispondente aumento occupazionale nelle altre fasce di età. Sopratutto fra i 15 e i 34 anni.

Se ciò si dovesse confermare, costituirebbe la prova che “quota 100” porta già i suoi benefici.

Inattivi e “Reddito di cittadinanza”

La consegna delle card per il Reddito di Cittadinanza è partita da poco, ma chi aveva intenzione di presentare la domanda doveva, prima di tutto, registrarsi presso i Centri Per l’Impiego.

Ciò produce un effetto immediato: il soggetto passa da “inattivo” a “disoccupato”.

Nelle fasce di età da lavoro, troviamo diminuzioni degli inattivi.

In età compresa fra 15 e 24 anni, gli inattivi diminuiscono di 40.000 unità, mentre nella fascia 25-34 anni gli inattivi sono 13.000 unità in meno.

Complessivamente, quindi, 53.000 persone in età compresa fra i 15 e i 34 anni si sono registrate nei Centri per l’Impiego.

Avrebbero dovuto incrementare il numero dei disoccupati, ma vediamo subito che anche i disoccupati diminuiscono.

Disoccupati

Il numero di disoccupati diminuisce per tutte le fasce di età.

Abbiamo un – 47.000 dei 35-40enni, – 9.000 nella fascia di età 25-34 anni, – 13.000 nella fascia 15-24.

Degli ultracinquantenni ne ho già accennato parlando del dato sull’inattività, ma diminuisce pure il numero di disoccupati (-26.000).

Testimonianza del fatto che, probabilmente, chi era rimasto fuori dal mondo del lavoro con le politiche criminali adottate precedentemente ha finalmente potuto andare in pensione.

Complessivamente, il dato numerico dei disoccupati è pari a – 96.000 unità.

Occupazione

Prego, come al solito, di fare attenzione alla differenza fra numero (dato assoluto) e tasso (numero assoluto in rapporto con un denominatore).

Ho già detto tante volte che il denominatore del tasso di occupazione è diverso rispetto a quello della disoccupazione.

Se diminuisce, come nel nostro caso, il numero degli inattivi, il tasso di occupazione cresce solo se il numero degli occupati assorbe l’aumento del numero di disoccupati e l’aumento del numero di inattivi.

A dicembre 2018 posi due domande a ISTAT. La prima è questa e ISTAT mi ha risposto:

https://platform.twitter.com/widgets.js

La seconda è questa. ISTAT non ha più risposto e, infatti, altro utente ha desunto che la mancata risposta fosse conferma (e in effetti lo è)

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Ciò premesso, vediamo i dati degli occupati.

I dati degli occupati e il “Decreto Dignità”

Già da qualche trimestre l’INPS certifica un forte incremento delle conversioni da contratti temporanei in contratti a tempo indeterminato.

I dati ISTAT di oggi confermano la tendenza.

Gli occupati incrementano in termini di dato assoluto di 60.000 unità.

La scomposizione per posizione professionale ci presenta:

  • Dipendenti permanenti: + 44.000
  • Dipendenti a termine + 1.000
  • Indipendenti + 14.000

(la differenza di 1.000 unità è data dall’arrtondamento alle migliaia offerta da ISTAT).

Anche qui c’è una inversione di tendenza.

Non riporto le tendenze, ma sono rappresentate nel prospetto 7 di pagina 6 del report completo di ISTAT.

Concludendo

In conclusione non riesco a trovare falle. Chi riesce me le segnali.

Mi pare però che se i dati – al momento provvisori – venissero confermati e consolidati con i prossimi saremmo di fronte a una inversione di tendenza.

Comprendo la costernazione di chi ha sostenuto che “quota 100”, Decreto Dignità e Reddito di Cittadinanza avrebbero costituito la disgrazia del Paese.

Lo capisco. Accettare che si è sbagliato su tutta la linea e che una massa “incompetenti” sta facendo rinascere l’Italia è complicato.

Ma i sindacati non provano vergogna

Proprio mentre i dati ISTAT venivano diffusi, a La7 andava in onda Coffee break (ore 9:40 del 30/04/2019).

Zingaretti (il segretario del PD) blatera su “il Governo non ha fatto niente per il lavoro”.

E non commento sul costante inopportuno sorriso, perché ormai pare come sia una paresi facciale e non mi è solito infierire sui problemi di salute.

La CISL

Subito dopo, il disappunto di Bentivogli (CISL).

La sua espressione è stizzita quando gli vengono letti i dati appena diffusi dall’ISTAT sull’occupazione.

Come fosse Boccia di Confindustria, dice frasi come: «Bene certo, ma il Governo dovrebbe cambiare rotta come aveva fatto il centro sinistra» o Tenere conto delle imprese, delle coperture e “blablabla”.

La faccia è tutto un programma.

Evidentemente è il sindacalista del PD e di Confindustria, non certo dei lavoratori

La CGIL

Non va meglio con Landini (CGIL) quasi due ore dopo a “L’Aria che Tira” (alle ore 11.00. L’intervento di Landini è delle 13.10, circa).

Dovrebbe esultare, ma dall’espressione non appare per niente contento.

Landini sostiene che il Governo sbaglia e che, comunque, si tratterebbe di contratti a termine.

Evidentemente non ha fatto caso ai dai INPS che da qualche trimestre puntano l’accento sulle trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato.

Ma non ha neppure letto i dati ISTAT?

Come abbiamo visto prima, sono proprio i contratti a tempo indeterminato a presentare il boom.

Landini, con una espressione che più scura non si può fa riferimento a un fantomatico:

«Risultato della battaglie che come sindacato abbiam fatto per combattere la precarietà e per cancellare leggi sbagliate che questo Governo non ha ancora cancellato»

Si riferisce alle politiche adottate da Monti? Da cui la Camusso pareva addirittura solleticata, tanto rideva?


O alla completa distruzione dei diritti dei lavoratori operata da Renzi?
Eppure con Renzi non era tanto accigliato!

Si può capire da che parte stanno i sindacati?

La domanda è retorica.

Basta vedere la condiscendenza con cui hanno consentito la distruzione del lavoro e la rabbia con cui si scagliano contro chi sta tentando di ridargli dignità.

Esattamente, che problema hanno questi sindacati che ridono quando viene distrutto il lavoro e i diritti dei lavoratori?

Perché “alzano il sopracciglio” quando il lavoro – timidamente – torna a crescere?

Per quale motivo il loro problema pare essere il PIL, gli incentivi alle imprese

Perché la loro questione fondamentale pare essere “le coperture” anche quando le politiche governative paiono dare risultati sul fronte dell’occupazione?

Sono Sindacati (e uso la maiuscola perché se lo fossero la meriterebbero), o una diramazione di Confindustria?