Vi spiego perché i pro TAV sono destinati al silenzio

Le cisterne non guardano il panorama.

Pro TAV e NO TAV. Solo una battaglia ideologica? Forse. L’ideologia dello spreco, del disastro ambientale e della finanza si scontra con l’efficacia, l’utilità e il rispetto dell’ambiente e delle persone.

Di Giorgio Bosoni. Movimento 5 Stelle Luino (VA)

L’inizio

Nel 1992 a Lisbona, gli allora otto Stati membri siglavano i primi trattati europei e aderivano al “nuovo piano dei trasporti”.
Il piano dei trasporti si è evoluto nel 2013 nelle reti TEN-T (Trans European Network-Train).
Vennero così stabiliti i nove corridoi intermodali principali che avrebbero dovuto trasportare merci e passeggeri attraverso tutta l’Europa almeno per i successivi cento anni.
Intanto altri venti Stati nazionali aderivano all’Unione Europea.

Nel frattempo in Svizzera

Mentre gli Stati membri stabilivano le modalità dei finanziamenti e individuavano i tracciati, in Svizzera aumentava la preoccupazione.
La Confederazione, infatti, si trovava in posizione centrale rispetto a tutti i corridoi intermodali previsti e siglati nei trattati UE (Lisbona, Maastricht, Dublino).
Nel 1998 finanziarono con tasse e imposte di scopo il primo tunnel “di base” che venne inaugurato nel 2007.
Si tratta del Loetschberg, che avrebbe “servito” l’esistente tunnel del Sempione (approvato nel 1878) per trasportare merci destinate sia agli scali lombardi e piemontesi sia al previsto terzo valico.
Quest’ultimo avrebbe dovuto risolvere la logistica dei porti liguri, decongestionando la viabilità cittadina e autostradale che era già a rischio collasso da almeno 30 anni.

L’imprevisto del Polcevera

Gli eventi della scorsa estate che hanno determinato il crollo del Viadotto Polcevera hanno riportato alla luce la pochezza con cui in 25 anni di partito unico è stata gestita l’Italia intesa come “il territorio”.

I “tunnel di base” svizzeri

La Svizzera, a oggi, ha speso 30 miliardi di franchi per scavare i cosidetti “tunnel di base”.
Si tratta di tre gallerie, tra cui la più lunga al mondo.
Queste gallerie, che sostituiranno le opere di metà ottocento, consentiranno di trainare e frenare i nuovi treni con una sola locomotiva.
Fino al 2016 ne servivano 4 per trainare convogli di 550 metri e del peso massimo di 1.600 tonnellate.
Era questo il costo più incisivo per gli spedizionieri che trasportavano su ferro attraverso la Svizzera. Il percorso più breve per raggiungere il Mediterraneo.
I nuovi treni merci che distribuiranno i nostri consumi tra Europa, Russia e Cina nei due sensi di percorrenza, peseranno fino a 2000 t. per una lunghezza fino a 750 mt.

Ed eccoci al punto

Russia e Cina. I due mercati extra UE più ambiti. Già ad oggi fornivano mano d’opera e prodotti a bassissimi prezzi e qualità.
Costeranno ancora meno in termini assoluti e ambientali perché costerà meno il trasporto su ferrovia rispetto alle navi, agli aerei e agli autoarticolati.

Gli interessi superiori: macro economie e affari esteri

Ovviamente queste premesse hanno il difetto di considerare macro economie e “affari esteri” come fossero gli unici “interessi superiori”.
Ma questo scenario nulla ha a che vedere con la nostra vita quotidiana.
Procediamo con ordine

Tratte ferroviarie e sicurezza

Dopo l’incidente di Viareggio sono stati adottati nuovi standard di sicurezza.
Nel 2013 il ciellino Ministro Lupi riceveva circa 190 milioni da Berna per adeguare ai nuovi standard la linea ferroviaria litoranea orientale: Cadenazzo ( CH), Luino, Laveno M., Gallarate, Novara (Lombardia Piemonte e Liguria con lo sbocco a mare).
A sud di Laveno la tratta (a binario singolo) si divide e origina due distinte linee (anch’esse a binario singolo) fra Italia e Svizzera. Queste linee sono state avviate nel 1854 e portate a termine nel 1882.
A quel tempo la merce più pericolosa era il carbone e gli stessi treni erano propulsi dal carbone.
Non esisteva l’impianto consumistico di oggi, basato sullo spreco di risorse e la linea univa, più che altro, punti di interesse turistico a cavallo delle Alpi e già all’epoca costituiva la principale via di comunicazione ferroviaria tra i Paesi dell’arco alpino.
Luoghi che venivano citati nei romanzi di Stendhal del 1831 “Il rosso e il nero” e di Hemingway del 1929 “Addio alle armi” che ne accendevano l’interesse da parte di tutto il mondo.

Sviluppo e caduta

Contemporaneamente, dal nord Europa imprenditori allestivano le loro linee di produzione prevalentemente nel settore tessile del confine lombardo e successivamente partecipavano allo sviluppo industriale delle provincie di Varese e Milano – Novara come lo abbiamo conosciuto prima delle varie crisi che hanno colpito l’area cancellandone le produzioni.

Negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso il turismo delle seconde case innescò l’economia che ancora oggi a fatica, sostiene il PIL delle regioni lacustri e marittime, dopo avere devastato l’ambiente e il suolo in zone ad alta fragilità idrogeologica.

Economia e finanza. Le persone sono “ostacoli”

Ai giorni nostri si descrive una realtà realtà economica instabile che si dipana seguendo logiche di economie e finanza internazionali.
Gli abitanti delle zone interessate, quindi, costituiscono solo “ostacoli secondari” alla buona riuscita dell’attuazione delle infrastruttureche, come ce le hanno propinate, hanno come scopo principale la “sostenibilità” del trasporto di merci e persone.
Il trasporto dei pendolari è pertanto penalizzato da decenni.
Depresso da logiche di profitto che assegnano la precedenza alle merci.
È dal trasporto delle merci, infatti, che si ricavano grandi numeri.
Secondo stime non ufficiali, sulla Luino-Gallarate-Busto Arsizio si ricavano 20 miliardi di Euro l’anno.
In questa linea è operativo da anni un importante centro intermodale gestito dalla svizzera Hupac, monopolista per le Ferrovie Federali Svizzere.

Il territorio devastato

I regolamenti internazionali dei trasporti ferroviari prescrivono che non è possibile costruire a meno di trenta metri dai binari.
In tutti i villaggi attraversati, le abitazioni storiche di trovano anche a tre metri dal sedime, con le cisterne e i container che sfiorano i balconi.
Celebrate perle della nostra storia e cultura che si stanno disgregando per il passaggio dei treni e conseguenti vibrazioni che coinvolgono le strutture civili e che ad oggi si è proceduto a tutelare solo a parole. Il motivo è il solito: non ci sono soldi.

La priorità: sprecare capitali

Secondo studi dell’Università Bocconi, che sviluppano modelli matematici su dati emanati anche da ISTAT, il Corridoio Reno-Alpi muoverà a pieno regime un miliardo di tonnellate di merci all’anno, di cui 850 milioni, in 1.200.000 spedizioni/anno, attraverseranno le Alpi.
Si tratta del corridoio che comprende anche i trasporti via acqua sul Reno, tra Olanda, Germania e Svizzera, come le reti di canali a Nord della Francia.


Dalla sola Lombardia verso Nord 185 milioni di tonnellate (stime 2012). Serviranno sia i consumi delle tre regioni interessate, come i porti liguri e viceversa le grandi aree industriali del Nord Europa e i loro porti marittimi.
Una cosa tengo a fare notare: questo percorso sarà, come dichiarato dal commissario UE ai trasporti Violeta Bulc e dai suoi predecessori “il più trafficato corridoio commerciale dell’Unione”.
Logica e buonsenso pretenderebbero che a questo percorso si attribuisca la priorità, ma la Valle di Susa e tutti gli inattendibili pronostici sui traffici transalpini ci insegnano che il criterio di riconoscimento di importanza adottato dai Governi non è l’utilità della grande opera.
Ci mostrano piuttosto, che le infrastrutture e la loro realizzazione vengono considerate per la loro intrinseca possibilità di sprecare capitali e nutrire gli appetiti dei corrotti e dei criminali che le impongono al contesto “democratico” degli Stati.

Tutta la pantomima occupa la scena mentre ad oggi il mezzo di trasporto più ecologico al mondo: il treno, nel paese più bello del Mediterraneo, viene utilizzato solo per il 9% dei trasporti delle merci e delle persone e in Lombardia gli interessi privati dei soliti in prenditori (il neologismo per descriverne la propensione al meretricio) hanno buttato miliardi per “giocattoli” come Pedemontana, BRE-BE-MI e EXPO, solo in Lombardia.

Questi brillanti amministratori da bocciofila, dal 1994, sapevano che nel 2016, il lago Maggiore, su ambedue le sponde, avrebbe subito il carico in entrata di circa 400 treni merci al giorno, che trasporteranno 300 diverse sostanze pericolose.

Per questo negli Stati interessati si stanno realizzando o adeguando linee dedicate, miste alta velocità-capacità, mentre invece da noi si riesumano le reliquie per dare seguito all’infrastruttura più importante d’Europa, che ha come unico scopo non il connettere economie, ma incidere sul prezzo finale dei prodotti trasportati e consumati in Europa.
Da noi in vent’anni si sono spesi miliardi per abbozzare l’Alta Velocità, le cui linee non trasportano merci, contribuendo a determinare incidenti come quello della scorsa estate sulla tangenziale di Bologna.
Le scelte in ambito trasportistico e logistico come quelle citate sopra, cosa hanno da spartire con gli enunciati di cui in tanti si sono riempiti la bocca e le tasche fino ad oggi? Come ci guadagneranno l’ambiente e il territorio, se le consegne capillari avverranno ancora con mezzi a motore a scoppio? Se non si inizierà immediatamente a concepire di pari passo anche reti intermodali minori per il trasporto locale di merci e persone?

Corridoi Est-Ovest

Ma per quanto riguarda invece i corridoi intermodali Est-Ovest? Per dare risposta ai Paesi situati sull’asse continentale tra Oriente e Occidente, si stabilì, in ambito di trattativa, il famigerato corridoio 5: Lisbona – Kiev, attuato solo parzialmente nel nord Italia e tuttora inesistente anche nei programmi delle opere infrastrutturali da finanziare per i prossimi decenni, di tutti gli altri paesi sottoscrittori.

Quindi a rigor di logica: rimandabile a quando i nostri vicini decideranno di darsi da fare. Ma non solo: la Francia è già connessa con l’Est Europa da almeno altri due itinerari che passano a Nord delle Alpi e già intercettano il Corridoio Rotterdam-Genova, proseguendo verso Est.

Se la Francia del banchiere Macron, dovrà evitare le spese che i francesi listati in giallo gli stanno impedendo di mettere a bilancio, dovrà considerare i tracciati oltre le Alpi come i più appetibili. In prima istanza perché si tratta di adeguare l’esistente e non richiede nuove realizzazioni e perché essendo territori praticamente pianeggianti come il Nord Jura e l’Alsazia non richiedono lo scavo di costosissimi tunnel.

Una linea per il Verbano

Dal canto nostro per il Verbano, che rischia oltre che l’isolamento economico anche il disastro ambientale, pretendiamo che venga predisposta una linea dedicata ai treni merci che transiteranno senza soste né attraversamenti stradali, fino a Busto Arsizio e Novara (dal 2020 fino a Milano, passando per Chiasso e quando il terzo valico e il passante milanese saranno ultimati, fino a Genova).

La linea dovrà essere realizzata scavando una serie di tunnel per allontanare ogni considerabile pericolo dai villaggi lacustri e dai centri delle nostre città.

Si sta, infatti, verificando quanto preconizzato in materia di stabilità geologica dei versanti alla cui base sferragliano fragorosi i treni merci.

In un mese sono caduti due alberi (di cui uno su un treno pendolari) e si sono distaccati dei massi che hanno colpito un treno merci.

Ora resta da stabilire se il diritto di chi vuole arrivare prima a Parigi, abbia la precedenza rispetto al diritto di chi rischia una catastrofe economica e ambientale, ogni dodici minuti.

Anche le nostre richieste si basano su studi altrettanto attendibili, ma se la crisi in corso continuerà a deprimere la domanda interna di beni e servizi innescando in una sequenza di causa-effetto, la contrazione delle relative produzioni nelle tre regioni interessate, il traffico delle merci non avrà il gran futuro che ci prospettano gli accademici. Potrebbero essere tutti soldi sottratti agli ormai indispensabili ma inesistenti sistemi di mobilità sostenibile in prospettiva locale.