Scandalo CSM, Procura di Perugia, il caso Occhionero e Russia-gate

Nello scandalo CSM c’è un pezzo mancante. C’è una parte non raccontata: Il rinvio a giudizio di un altro Magistrato romano.

scandalo CSM-Albamonte e i fratelli Occhionero

Albamonte, ex Presidente ANM è a giudizio a Perugia per il “caso Occhionero”. Il Russia-gate e le implicazioni internazionali di cui si tace. È il tassello mancante nello scandalo CSM?

Parlando di “scandalo CSM” si pone l’accento sull’importantissima Procura di Roma. Eppure anche Perugia è sede vacante.

Ed è proprio Perugia ad avere la competenza territoriale per indagare i magistrati romani.

Nelle intercettazioni si legge che Palamara non aveva nessuno a Perugia. Perché avrebbe dovuto far votare un magistrato di quella Procura?

Quindi perché Mattarella vuole bloccare tutto? Avere a Roma un magistrato proveniente da Perugia fa paura? E perché?

Scandalo CSM: L’altro caso

La sostituto procuratore Gemma Miliani, la giudice che gestisce il fascicolo Palamara, ha un altro fascicolo contro un altro magistrato romano. L’ex Presidente dell’ANM (dal 2017 al 2018): Eugenio Albamonte.

È rinviato a giudizio insieme a due funzionari della Polizia Postale e al Consulente tecnico. I reati contestati sono falso, abuso, omissione e accesso abusivo a sistema informatico.

L’udienza preliminare è già fissata per il prossimo 17 luglio.

È strano che non si parli di questo caso perché riguarda uno degli avvenimenti che hanno fatto più scalpore negli ultimi anni. Un caso che potrebbe perfino essere collegato al “Russia-gate”.

Ricorderete il caso Occhionero – Eye Pyramid che all’inizio del 2017 stava su tutti i giornali.

Migliaia di account di posta violati, fra cui Matteo Renzi, Mario Draghi eccetera.

Quel caso venne seguito dal giudice romano Eugenio Albamonte che adesso è rinviato a giudizio giusto per la gestione di quel caso. E a denunciarlo è stato proprio Giulio Occhionero.

Gli atti del caso Occhionero

Il sito in inglese neonrevolt.com ha pubblicato tutti gli atti relativi al rinvio a giudizio del Giudice Albamonte, inclusa la corrispondenza fra Giulio Occhionero e la Sostituto Miliani.

Il sito segue il controverso QAnon, Occhionero è un massone e quindi dovrei tenermi a debita distanza.

Ma siccome leggendo gli atti ci sono tanti elementi che obiettivamente non tornano, ho voluto approfondire.

Inoltre c’è un dato certo: Il Giudice Albamonte, due funzionari del CNAIPIC (Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche), Ivano Gabrielli e Federico Pereno e il Consulente Tecnico Federico Ramondino sono stati rinviati a giudizio.

La denuncia di Giulio Occhionero: il Russia-gate è partito dall’Italia

La cronologia degli atti

Giulio Occhionero è stato scarcerato nel Gennaio 2018. A febbraio 2018 scriveva già a vari organi governativi americani denunciando una attività criminale del Governo italiano, con un ruolo specifico nel “Russiagate”.

In realtà il collegamento con la campagna elettorale di Trump lo fece la stessa Polizia Postale.

In fase di perquisizione di un amico di Occhionero, Maurizio Mazzella, l’Ispettore Primiani chiese chi fosse il loro contatto nella campagna Trump.

Nel novembre 2018 Occhionero avanza un esposto alla Procura di Perugia in cui ipotizza, ancora una volta, uno stretto collegamento fra il suo caso e il Russiagate.

Inoltre chiama in causa Poste, e servizi segreti ipotizzando, pure, uno stretto collegamento con l’altro caso di inquinamento della campagna elettorale di Trump: le mail della Clinton.

La questione pone al centro della costruzione la Link Campus University e lo strano caso del giovane collaboratore della campagna elettorale di Trump: George Papadopoulos.

Per il momento rinvio al riassunto fatto da “Start Magazine“. Chissà che torni pure su questo.

Perché un fatto è ormai certo: La campagna elettorale di Trump è stata inquinata da false costruzioni.

Per costruirle occorreva necessariamente un concentramento di forze americane e straniere, Servizi Segreti in primis.

Per quanto riguarda le “forze straniere”, tutto sembra convergere sull’Italia.

Né mi stupirebbe. Eravamo in pieno periodo Renzi-Gentiloni, che avevano puntato tutto sulla vittoria di Hillary Clinton.

Che Renzi possa aver messo a disposizione le strutture italiane è estremamente verosimile.

Torniamo alla vicenda Occhionero

Le prove addotte sembrano fragili, ma cronologicamente mancano atti.

In questo esposto, infatti, Occhionero fa riferimento a un

«precedente interrogatorio presso la Procura della Repubblica di Perugia dello scorso 24 Giugno 2018 nel quale evidenziavo il rinvenimento, avvenuto nell’ambito delle indagini difensive, di elementi di collegamento tra la nostra inchiesta ed il Russiagate Americano»

Quindi ci sono state “indagini difensive”, e questo era ovvio.

C’è stato pure un interrogatorio a Perugia successivo alla sua scarcerazione.

Si deve presumere, quindi, che Occhionero abbia iniziato le sue interlocuzioni con la Procura di Perugia già dal carcere.

Di tutto questo non abbiamo atti e quindi non è possibile valutarli.

D’altro canto è pure ovvio, perché:

  • la pubblicazione delle indagini difensive sarebbe deleterio per la sua difesa
  • la corrispondenza dal carcere è sempre scritta a mano e non ne viene restituita copia
  • il verbale dell’interrogatorio è verosimilmente secretato

Inoltre, a dirla tutta, questa segretezza farebbe ipotizzare che in quelle che appaiono essere “illazioni” possano davvero esserci elementi seri di connessione non noti.

D’altronde se davvero ci fosse una correlazione con il Russiagate la segretezza sarebbe comunque d’obbligo.

Gli atti citati nella richiesta di rinvio a giudizio

Infatti anche altri atti citati nella richiesta di rinvio a giudizio non sono pubblicati:

  • Atti di sommarie informazioni testimoniali di: Ramondino, Rotondi, Di Legami e altri, fra cui Francesco Di Maio di ENAV e Mariangela Treglia e Rapisarda di ENI
  • annotazioni e documenti acquisiti presso Telecom e Poste
  • consulenze d’ufficio rese dall’ing. Nazzaro
  • verbali di interrogatorio resi da Albamonte, Pereno e Gabrielli
  • richiesta di archiviazione (evidentemente rigettata)

In ogni caso il coinvolgimento di soggetti quali Telecom, Poste, ENI ed ENAV sembrerebbero suffragare le “illazioni” di Occhionero.

Nella sua lettera alle Istituzioni americane, infatti, Occhionero sostiene di essere stato lui stesso vittima di un attacco informatico.

E per le modalità con cui si è verificato (impersonando Microsoft) questo attacco si sarebbe potuto verificare solo con la complicità di Telecom.

Ovviamente ciò implica anche l’azione diretta di chi avrebbe potuto avere l’autorevolezza per imporre azioni illegali a Telecom: i Servizi Segreti italiani.

Gli altri atti

La documentazione pubblicata continua con:

  • Una pregressa (luglio 2018) segnalazione di un tentativo di attacco informatico alla sua stessa mail. L’attacco si sarebbe potuto effettuare solo accedendo alla corrispondenza mail con il carcere e quindi solo autorità italiane avrebbero potuto sferrarlo.
  • Atti successivi al rinvio a giudizio di Albamonte e altri
    • esposto con motivi aggiuntivi del 14 gennaio 2019, in cui si chiarisce il ruolo di ENAV, Telecom e ENI
    • PEC dell’8 marzo 2019 a Pignatone e Miliani in cui insiste nel sostenere che «Lo svolgimento delle indagini difensive, le ricerche effettuate su fonti pubbliche e la collaborazione con investigatori anglo-sassoni attivi sul tema, hanno dato luogo al rinvenimento di preoccupanti elementi di collegamento tra l’inchiesta EyePyramid, avverso gli imputati Occhionero, e l’inchiesta Russiagate, sull’allora candidato alla presidenza USA Donald Trump, oggi Presidente Trump.»
    • PEC del 24 marzo 2019 alla sola Miliani in cui, fra l’altro, comunica che in merito alla predecente PEC, da Pignatone ha «ricevuto solamente una risposta dalla segreteria del Dott. Pignatone la quale, adducendo motivi assolutamente pretestuosi, intendeva rigettare la ricezione della stessa pec»
    • integrazione del 09 aprile 2019 in cui in relazione ai suoi «precedenti esposti, e a nuove risultanze dalle indagini difensive», ancora una volta, vengono chiamate in causa Poste, ENI, ENAV e l’inquinamento della campagna elettrale di Trump con lo stretto coinvolgimento della Link Campus University

Fin qui gli atti che è possibile esaminare

Scandalo CSM: Sicuri che sappiamo tutto?

Rimane evidente che se anche la metà di quanto sostenuto da Giulio Occhionero fosse vero ci si troverebbe di fronte a un diverso aspetto da cui valutare lo “scandalo CSM”.

Infatti saremmo in presenza di uno scontro fra Procure che riguarda la politica internazionale. Specificatamente contro il Presidente americano legittimamente eletto.

Con un pesante coinvolgimento del PD renziano, di cui Lotti, Ferri e Legnini sono esponenti.

PD che avrebbe, addirittura, messo a disposizione Servizi Segreti e strutture del nostro Paese per creare prove contro Trump. A partire dalla sua campagna elettorale, ma per continuare anche dopo. Per “abbattere” il legittimo Presidente americano.

Cosa sostiene Giulio Occhionero?

Nella tesi di Occhionero Eye-Pyramid, il malware che secondo l’accusa lui avrebbe prodotto per monitorare e rubare dati non sarebbe mai esistito. In giudizio non è mai stato prodotto.

Il nome del fantomatico malware deriva da un dominio registrato a suo nome.

Un mezzo per sostenere l’indegnità di Trump

È noto che Giulio Occhionero sia vicino alle posizioni repubblicane USA. È italiano, ha la cittadinanza italiana e i server in America.

Risulta quindi il “target” ideale per colpire dall’Italia lo scomodo candidato repubblicano Trump.

Inserire nei suoi server anche alcune della mail trafugate alla Clinton avrebbe costituito la “pistola fumante” del coinvolgimento di Trump.

Per fare questo occorreva che il Governo italiano si rendesse disponibile alla costruzione di prove false.

Queste prove sono state costruite mediante:

  • l’invenzione di un malware inesistente (Eye-Pyramid)
  • l’incriminazione di Occhionero
  • il tentato accesso ai suoi server in USA con il tentativo di inserire le mail della Clinton
  • l’acquisizione di dati criptati presenti su quei server (che comunque risiedevano su suolo americano) e la loro divulgazione in chiaro

La documentazione è probabilmente presente nelle varie indagini difensive che ha prodotto.

In fondo le motivazioni del rinvio a giudizio del Consulente Tecnico d’Ufficio della Procura di Roma costituiscono già riscontro sufficiente.

Parla Giulio Occhionero:

Le accuse

«Nonostante le molte storie passate e riportate dalla stampa, Francesca e io siamo stati accusati di aver commesso due reati:

A) Accesso all’email di un ex membro del CSM, Ernesto Stajano, usando il suo account per lanciare un attacco contro il Capo Sicurezza ENAV, Francesco Di Maio. Il 26 gennaio 2016.

B) Violazione di un imprecisato numero di email i cui dettagli tuttavia rimangono fin’ora non noti. Infatti, non solo Albamonte e il CNAIPIC non sono stati in grado di definire quando questi account sarebbero stati violati, ma non hanno neppure specificato quali account precisamente sarebbero stati violati. Su questo punto l’accusa indica solo i domini che sarebbero stati oggetto di attacco. Come @gmail,com. @senato.it, @camera.it eccetera. Secondo questo principio sarebbe possibile accusare qualcuno di omicidio senza neppure specificare chi sarebbe stato ucciso.»

Le sue considerazioni: il “punto A”

Per quanto riguarda il punto A, Albamonte ha prodotto alcune prove che è stato dimostrato essere state costruite il 21 gennaio 2016. 5 giorni prima che il crimine fosse commesso.

Le sue considerazioni: il “punto B”

Sul punto B Albamonte e il CNAIPIC non hanno mai prodotto in giudizio alcun file di log. Ma quando la Procura di Perugia ha acquisito ed esaminato i file (su mio esposto contro Albamonte/CNAIPIC) si è scoperto che era stato Ramondino (il consulente tecnico d’ufficio) ad effettuare l’accesso non autorizzato a quegli account. È questa la ragione per cui sono stati rinviati a giudizio

Le sue considerazioni: punti inquietanti

Per quanto riguarda il punto A, invece, l’accesso agli account è stato fatto usando il browser TOR per evitare la tracciatura.

Siamo, però, riusciti a trovare il modo per risalire agli autori mediante le intestazioni delle mail.

Sicché, immediatamente nel gennaio 2017 il mio avvocato Stefano Parretta ha chiesto ad Albamonte di acquisire i file di log delle mail di Staiano per identificare il vero colpevole. Albamonte ha aspettato fino a maggio 2017 prima di avanzare la richiesta. Perfettamente consapevole che, ormai, i tempi di conservazione erano scaduti. Quindi non li vedremo mai.

Su questo punto c’è un fatto ancora più inquietante. Di Maio ha ricevuto questa mail infetta alle 10:43:51 del 26 gennaio 2016, ma ha dichiarato di non averla letta fino al pomeriggio, quando è tornato in ufficio.

Solo allora ha incaricato Ramondino di investigare sulla questione.

Ebbene, Albamonte ha prodotto prove (teoricamente contro gli Occhionero, n.d.r.) che (invece, n.d.r.) dimostrano che Ramondino stava già scaricando materiale relativo a questo attacco sin dalle 10:46:15. Quindi meno di tre minuti dopo l’avvenuto attacco.

Come ha fatto Ramondino a sapere dell’attacco se ne sarebbe stato informato solo quel pomeriggio?»

Le accuse contenute nelle motivazioni per il rinvio a giudizio inducono a credere che esistano atti e prove a sostegno di quanto dichiarato da Occhionero.

Il primo attacco al suo computer

Occhionero sostiene che (nota del 19 febbraio 2019. Traduzione mia).

«Durante la fase investigativa, la Procura di Roma, sotto la direzione del Pubblico Ministero Eugenio Albamonte e del Procuratore Capo Giuseppe Pignatone, ha usato, con la cooperazione dell’operatore Telecom Italia Mobile, una tecnica finalizzata a installare un trojan nel mio computer. Questa tecnica si basa sulla possibilità di utilizzare l’identità digitale di Microsoft. Agisce usando falso certificato e falso sito Microsoft»

Occorre precisare che l’installazione del trojan di indagine è riuscito perché, causa la complicità del provider internet, il trojan si è presentato come fosse un aggiornamento del sistema operativo Windows

Possono pure essere illazioni, ma ci sono alcuni fatti certi:

  • una tecnica simile è estremamente sofisticata. Occorre che il provider internet (in questo caso Telecom) renda legittimo il certificato falso
  • per indurre il provider a fare un simile illecito occorre che intervenga “qualcuno” che possa imporlo nel “Supremo Interesse Nazionale”
  • “annotazioni di P.G. e acquisizione documentazione presso Telecom” sono fra le fonti di prova del rinvio a giudizio di Albamonte ed altri

Non ci sono atti pubblicati che forniscano la prova di quanto asserito da Occhionero, ma la tesi potrebbe avere un suo fondamento. Testimoniato dal fatto che la Giudice Miliani consideri le informazioni acquisite in Telecom quali fonti di prova per rinviare a giudizio Albamonte e altri.

Altri attacchi

Svariati altri attacchi fra cui, ancor prima della rogatoria internazionale, il tentativo di assumere il controllo di uno dei server siti in suolo americano. Violando, così lo spazio di altra nazione.

Con la comunicazione del 05 luglio 2018, Occhionero denuncia un secondo tentativo di attacco informatico.

Ormai scarcerato da circa 6 mesi, ha ricevuto una lettera via mail di una persona conosciuta in carcere. La struttura della mail e della lettera allegata in “.doc” lo hanno insospettito.

In carcere si scrive a mano. Le lettere vengono poi scansionate e allegate in “.pdf” alla mail.

Senza aprire l’allegato alla mail ha verificato le intestazioni e ha scoperto che la tracciatura dei server non coincideva con quelli che avrebbe dovuto attraversare una mail dal carcere.

L’allegato, inoltre, conteneva un altro trojan.

La cosa estremamente inquietante è che la mail pervenne in “risposta” a una sua precedente che era pure citata e riportata in calce.

Questo attacco, quindi, doveva provenire da chi poteva accedere agli account del carcere.

Il “rapporto Steele”

In molti degli atti che ho citato e allegato a questo articolo è menzionato il “rapporto Steele”.

Si tratta di un rapporto dei Servizi Segreti USA che avrebbe dovuto dimostrare la responsabilità e l’ingerenza russa nelle elezioni americane a favore di Trump.

Circa la non attendibilità di questo rapporto ne scrissi già a gennaio 2017 in Hacker russi: Il rapporto dei servizi segreti Usa che non convince nessuno e quindi non ci torno.

Basta solo dire che Occhionero sostiene che questo rapporto, palesemente “fabbricato” sia strettamente correlato al suo caso.

Ovviamente, non avendo evidenze in atti, mi limito a prendere atto delle dichiarazioni di Giulio Occhionero.

Precisando, però, che se i Servizi Segreti sono arrivati al punto di bassezza tale da produrre quel rapporto, non è impossibile che le dichiarazioni di Occhionero possano avere un loro fondamento.

Link Campus University e Governo italiano

Nei suoi atti, Occhionero fa spesso riferimento alla Link Campus University.

Nel suo esposto con motivi aggiuntivi del 14 gennaio 2019 espone anche i legami che tutti gli “attori” del caso Occhionero hanno con l’Ateneo.

Se ciò fosse vero, la Link Campus e la stessa Italia di Renzi e Gentiloni si troverebbero in un bel guaio.

La “Link”, infatti, connetterebbe (quando si dice “In nomen omen”) tutti i tentativi di sabotaggio dell’elezione di Trump.

È alla Link Campus che tale prof Mifsud avrebbe contattato per la prima volta il giovane consulente della campagna elettorale di Trump, George Papadopoulos.

Anche se l’accenno alle email compromettenti della Clinton sarebbe stato fatto a Londra.

L’ineffabile professor Mifsud, dopo essere stato ascoltato dall’FBI è completamente scomparso. Volatilizzato.

E nessuna Procura italiana o americana lo cerca, neppure.

È a Roma che i funzionari FBI sarebbero venuti a prendere visione del “rapporto Steele”.

E secondo le dichiarazioni di Occhionero (suffragate, in parte, dagli atti giudiziari) sarebbe stato il Governo di Roma a mettere a disposizione strutture e Servizi Segreti per costruire il “caso Eye-Pyramid”.

Una strana coincidenza

Sappiamo che sul Russiagate sono state chiuse le indagini.

Viene dichiarato che non ci sono evidenze dell’ingerenza russa e che non ci sono prove del fatto che Trump abbia ostacolato la Giustizia americana.

C’è anche scritto che non ci sono prove del contrario, ma vorrei sommessamente far notare che per il proscioglimento è sufficiente non ci siano prove di coinvolgimento.

Se ciascuno dovesse pure produrre prove di non essere coinvolto in un fatto criminoso, probabilmente ci si ritroverebbe tutti in galera.

La telefonata fra Conte e Trump

Ciò posto, proprio in quel periodo il Presidente del Consiglio italiano Conte e Trump si sono sentiti al telefono sulla questione libica.

Era il 17 aprile.

Da “la Repubblica” del 15 maggio si apprende che nella seconda metà di aprile il Presidente Conte (che, ricordiamo, ha voluto mantenere le competenze sui Servizi per se, senza delegare Giorgetti della Lega) chiese ai vertici AISI, AISE e DIS di rassegnare le loro dimissioni.

Il Partito Democratico strepita, ma pure Giancarlo Giorgetti della Lega sembra scegliere proprio quel momento per tentare di abbattere il Governo gialloverde.

Col suo “Se non ora, quando?” riuscì a fare imbufalire persino un “lord inglese” come Conte.

Ora accade che Trump ha chiesto al Procuratore Generale di ordinare la desecretazione degli atti

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E cita anche altri Paesi. Non cita l’Italia. Forse perché Conte avrebbe avviato già le audizioni per desecretare gli atti di pertinenza italiana (che, quindi, devono pur esserci)?

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Sarebbe già stato audito anche Giulio Occhionero

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Lo scandalo CSM sarebbe per la successione di Pignatone?

Se solo la metà di questa storia si rivelasse vera, lo “scandalo CSM” non è quello che ci raccontano.

E anche la sede della Procura di Perugia è vacante.

Il coinvolgimento di Lotti, Ferri e Legnini potrebbe assumere un significato tutto nuovo, se ad essere in ballo fossero i Governi PD messi al servizio della campagna elettorale di Hillary Clinton.

Non è forse vero che il Governo Renzi ha finanziato la campagna Clinton addirittura con fondi pubblici?

Se davvero si fossero costruiti “casi” che potessero distruggere la campagna elettorale dell’antagonista Trump e porre le basi per destituirlo in caso di elezione saremmo di fronte a un caso di dimensioni neppure immaginabili.

Un caso che travolgerebbe l’intero PD, Renzi, Gentiloni, Minniti e tutti i suoi rappresentanti che avrebbero indegnamente rappresentato l’Italia.

Pignatone, Albamonte, servizi segreti e l’intero assetto di Governo PD potrebbero essere nelle mani della Procura di Perugia, altro che “scandalo CSM”.

Un caso che lascerebbe di loro solo cenere.

Siamo sicuri che lo “scandalo CSM” sia solo quello che ci stanno raccontando?

Suggerimento non richiesto a Matteo Salvini

Infine un consiglio non richiesto a Matteo Salvini.

Molla Giancarlo Giorgetti, perché ti sta portando dal lato sbagliato della Storia.

Ti ha avvicinato a Bannon e Burke facendoti credere siano le porte per Trump.

Trump ha licenziato davvero Bannon proprio sulla questione Russiagate. Qui un video relativo a una riunione estremamente “accalorata”

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=Ija-VZwcznE?feature=oembed&w=1170&h=658]

È stato Franceschini del PD a dare la Certosa di Trisulti a Bannon.

Bonisoli del Movimento 5 Stelle ha avviato gli atti per la revoca dell’affidamento.

E Alexander Dugin non è il “mentore” di Putin. Qualcuno ti sta prendendo in giro. Dugin non ti porterà da Putin.

Matteo Salvini qualcuno sta giocando con te come il “prof. Mifsud” ha giocato con George Papadopoulos.